Il Palazzo del Lavoro di Torino
Libro fotografico, 78 pagine a colori, 17x24cm, carta patinata.
Il Palazzo del Lavoro di Torino (1959-1961), progettato da Antonio e Pier Luigi Nervi, è stato uno dei principali padiglioni di Italia ‘61, inaugurato in occasione delle celebrazioni per il centenario dell’Unità d’Italia, i cui temi centrali erano l’Italia e il lavoro.
L’edificio, a pianta quadra, straordinario per le sue dimensioni e per le soluzioni impiegate, misura 160 metri di lato ed è alto 26. Interessanti dal punto di vista dell’innovazione tecnologica sono gli snelli pilastri a ombrello prefabbricati in cemento armato e acciaio che sostengono la copertura del salone centrale.
Attorno agli anni Ottanta ho avuto l’occasione di visitare il Lingotto di Torino, durante un pubblico evento, prima dell’intervento di recupero cui è stato sottoposto.
É stata un’esperienza indimenticabile, ho trovato la costruzione molto suggestiva, completamente sgombra all’interno, impregnata di storia e di lavoro. Dal punto di vista architettonico, sono rimasto colpito dalle dimensioni del complesso, dalle due rampe elicoidali e dalle numerose soluzioni funzionali.
Le luci radenti e calde del tramonto aumentavano la drammaticità dell’ambiente e le pareti sembravano trasudare tutta la fatica di cui erano stete testimoni. Pareva che gli operai fossero ancora lì. O che fossero appena andati via, lasciando per terra alcune disordinate testimonianze del loro passaggio.
Ho avuto la netta sensazione di trovarmi all’interno, più che di un’industria, di una vera opera d’arte o nell’anticamera della macchina del tempo.
Era ormai troppo tardi per poter scattare qualche immagine, non ero attrezzato, e me ne sono sempre dispiaciuto.
Trent’anni più tardi sono stato catturato da un’altra struttura urbana abbandonata. E’ stato quando ho visto un filmato di Pripyat, cittadina vicina a Chernobyl, in Ucraina. L’ho trovata intrigante e allo stesso tempo inquietante. La voglia di vederla di persona e di fotografarla mi ha assalito immediatamente. Sfortunatamente non sono riuscito ad ottenere il permesso dall’autorità preposta. Così anche questa seconda possibilità di scattare qualche fotografia interessante è sfumata.
All’inizio dell’estate 2017 mi sono trovato a Torino e sono transitato casualmente, in auto, davanti ad una imponente struttura che ha subito attratto la mia attenzione. Ho chiesto ad un amico cosa fosse e sono stato subito accontentato: il palazzo delle esposizioni di Italia ’61. Questa risposta mi spinse a condurre qualche indagine che mi ha fatto scoprire in dettaglio la storia dell’intero progetto. Come prevedibile, la voglia di fotografare il fabbricato si è fatta prepotente.
Quasi subito ho cercato un aggancio fra qualche conoscenza torinese introdotta nel settore immobiliare, nella speranza potesse intercedere con la proprietà affinché potessi visitare la costruzione. Non sembrava cosa facile, ma nemmeno impossibile.
Ho fatto centro al primo tentativo. Il mio primo contatto, Stefano, conosceva molto bene l’edificio anzi, aveva addirittura le chiavi.
Trascorsa l’estate, mi sono ritrovato davanti al cancello d’ingresso. Non mi è sembrato vero potervi accedere liberamente e saperne qualcosa di più dalla viva voce di chi ne conosce molto bene la storia.
Difficile descrivere la sensazione che ho provato varcandone l’ingresso. Ho avvertito un certo disorientamento dovuto alle sue enormi dimensioni che necessitano di ambientamento. Mi sono sentito davvero piccolo ed immerso in un mondo parallelo, fuori dal tempo con l’eco del traffico in lontananza a fare da colonna sonora.
Ho voluto congelare quegli attimi e raccogliere alcune immagini che ne potessero evidenziare l’anima a dimostrazione della mia convinzione che l’essenza di questa costruzione non è riconducibile solo a cemento armato, acciaio e vetro.
Ne ho selezionate cento, un numero tondo che ricorda proprio l’anniversario che la costruzione volle celebrare. Forse sono tante ma non ho resistito alla voglia di renderne pubbliche quante più possibile; inoltre, il timore che quell’atmosfera avrebbe potuto andar perduta mi ha convinto ad abbondare.
A bocce ferme ho cercato di racchiudere in questo opuscolo le sensazioni provate per trasmetterle alle persone che in primavera presenzieranno ad una relazione sulla storia del palazzo ed alla sua prossima riqualificazione. Spero di esserci riuscito.
Concludo affermando che sono davvero felice che questa struttura sia stata vincolata dalla Sopraintendenza alle Belle Arti e che presto verrà recuperata in tutto il suo splendore.
Mi ritengo privilegiato per aver avuto l’opportunità di catturarne l’anima e l’essenza prima della sua rinascita. Con tutta probabilità la prossima volta che tornerò il palazzo avrà assunto una nuova veste, forse più consona, rispettosa del progetto originale, che lo valorizzerà e lo porterà ad essere di nuovo fruito. Ma così come quando mi trovo oggi ad entrare al Lingotto, non potrò fare a meno di ricordare le sensazioni indimenticabili provate durante la prima visita. Per me il Palazzo del Lavoro di Torino rimarrà per sempre il solitario gigante addormentato che ho incontrato la prima volta.
Massimo Mormile
Palazzo dell’Esposizione Internazionale del Lavoro
È uno degli edifici più singolari, affascinanti ed architettonicamente significativi della città di Torino.
Situato alla periferia sud, nel quartiere Nizza Millefonti, fu progettato e realizzato dall’ingegner Pier Luigi Nervi in collaborazione con il figlio Antonio e Gino Covre, affermato progettista di strutture metalliche. Fu allestito dall’architetto Giò Ponti.
Il progetto per la costruzione di un padiglione fu pensato in previsione dello svolgimento di “Italia ‘61”, evento organizzato in occasione delle celebrazioni del centenario dell’Unità d’Italia. Il concorso per la sua realizzazione venne bandito nella seconda metà del 1959 e l’appalto fu assegnato verso la fine dello stesso anno all’impresa Ingg. Nervi & Bartoli. La costruzione avrebbe ospitato una grande mostra dedicata al lavoro e presieduta da Giovanni Agnelli.
Il progetto fu prescelto per la razionalità delle soluzioni adottate, le uniche in grado di garantirne la realizzazione in tempi strettissimi. I lavori iniziarono già nei primi mesi del 1960 per terminare a dicembre. Nel 1961 l’edificio fu completato ed allestito.
Il progetto prevedeva la realizzazione di una struttura a base quadrata, composta da sedici moduli indipendenti a “ombrello” costituiti ciascuno da una colonna centrale a croce greca in cemento armato, rastremata sino a raggiungere un’altezza di oltre venti metri, dove assume forma cilindrica. Sormontata da venti raggi in travi di acciaio a formare una copertura di 38 metri per lato, ciascun ombrello, cavo all’interno, è raccordato agli altri per mezzo di lucernari della larghezza di due metri, disposti ortogonalmente, che contribuiscono ad illuminare dall’alto l’intero complesso.
L’area coperta è di circa 22.500 metri quadrati alla base, 150 metri per lato, mentre a partire dal primo piano lo sviluppo a sbalzo porta le dimensioni in pianta a 160 metri per lato. Lungo il perimetro interno corrono delle ampie balconate in cemento armato disposte su tre piani, che portano a 47.000 i metri quadrati totali disponibili.
Interessante la struttura isocronica dei solai che denota un’estrema razionalità e cura costruttiva seguendo le linee di forza della struttura.
Le facciate laterali sono interamente vetrate e protette dall’irraggiamento solare per mezzo di lamelle frangiluce orientabili installate nei prospetti est, sud ed ovest.
Nel piano interrato sono stati ricavati, oltre ai locali di servizio, una sala conferenze, due sale cinematografiche ed un albergo diurno.
All’epoca della sua inaugurazione, ma lo è ancora oggi, il Palazzo del Lavoro è stato un notevole esempio di struttura espositiva per dimensioni e innovazione tecnologica.
Al termine delle celebrazioni, l’edificio è stato occupato sino a metà degli anni Settanta dalla sede torinese del Bureau International du Travail, Agenzia delle Nazioni Unite, che lo ha impiegato quale centro di formazione fino al suo trasferimento in un’area poco distante. Fu inoltre impiegato per ospitare esposizioni internazionali, eventi fieristici e locali di svago.
Nel 2007 il Demanio lo cedette ad una società di sviluppo immobiliare che tutt’ora la detiene.
Nonostante lo stesso ingegner Nervi abbia proposto delle soluzioni per un successivo riutilizzo e predisposto adeguate soluzioni tecniche per conseguirlo, la struttura è rimasta sottoutilizzata fino ai giorni nostri.
Attualmente è stato presentato un progetto di riqualificazione che prevede la creazione di una galleria commerciale servita da parcheggi ricavati nel seminterrato e l’istituzione di esposizioni permanenti dedicate alle eccellenze tecnologiche torinesi.